All’ombra del salice piangente (racconto breve)

Mi svegliai ai piedi di un vecchio salice piangente, non so esattamente come feci ad arrivare li.
L’ultimo ricordo che ho di me è sfocato e frammentato, tanto da spingermi a credere di non possederlo affatto.
C’è qualcosa di strano qui, come un senso di familiarità.
Non so se attribuire questa cosa al luogo o alle sensazioni che provo.
Ricordo di aver pensato, non so bene quando, che nella vita non bisogna mai trattenersi, che si deve sempre prendere con gratitudine tutto ciò che ti offre, perché tutto può cambiare da un momento all’altro, basta un attimo e tutto finisce.
Così si avrà la certezza di aver fatto il possibile, di aver dato tutto.
Altrimenti rimane solo il rimpianto.
In qualche modo questa presa di coscienza mi sta calmando, non so nemmeno a chi siano riferiti questi pensieri, ma so che sono importanti per andare avanti, per non rimanere bloccata in questo limbo senza tempo all’ombra di questo salice.
Non ho fallito completamente.
Poco distante c’è un lago dal vivace colore verde, l’acqua è leggermente increspata dal vento fresco che arriva dalle montagne.
Mi avvicino alla riva e guardo giù, ritrovandomi a osservare me stessa.
Non so se quella che vedo sono davvero io.
Non ricordo bene il mio aspetto, ancora c’è foschia nella mia mente, questo mi crea confusione e mi fa indietreggiare.
“Scappi ancora?” sento chiedere al riflesso nell’acqua.
“Io non scappo” rispondo tornando sui miei passi.
“Sarà meglio per te”.
Rimango a osservare il mio riflesso chiedendomi se tutto questo non sia un sogno.
“Tu chi sei?” le chiedo.
“Io sono te”.
Mi sento inquieta, questa cosa è strana.
“Io sono io, sono qui in piedi sulla riva, tu non puoi essere me, se mi stai parlando”.
La sento ridere, e la risata che sento è la mia risata.
“Non scappare” mi dice ancora.
“io non scappo” le ripeto.
Questo lo so per certo, non sono mai scappata, o almeno è quello che mi ripeto in questo momento.
“È così vero? Se tu sei me sai che sto dicendo la verità”.
Quasi urlo alla me stessa nel lago.
“Questo è quello che vuoi farci credere, ma io sono te quindi non puoi ingannarmi”.
“Perché mi dici queste cose, chi sei tu veramente?” ormai ho le lacrime agli occhi.
“Io sono te. Forse hai ancora tempo forse puoi ancora cambiare le cose. Non vivere a metà”.
Mi allontano il più velocemente possibile, fuggo da me stessa, anche se so che sfuggirmi è impossibile, un paradosso.
Sono io la mia trappola.